Lo scorso giugno ho pubblicato un post dedicato agli scenari futuri che investiranno la vita di noi tutti con le implicazioni che questo avrà anche nel progettare spazi di vita e di lavoro.
La bella notizia è che pochi giorni fa un portale del settore ci ha chiesto di raccontare come progettisti, in una intervistala nostra visione di futuro in questo ambito.
La stessa testata dopo di noi ha chiamato un esperto per raccontare le evoluzioni, o meglio le rivoluzioni tecnologiche che stanno arrivando nelle nostre case….i due racconti si completano egregiamente.
Per Expo è iniziata la stagione dei bilanci, non farò l’ennesimo, ci sono altri più bravi di me in questo. Vorrei solo raccontarvi come lo sto vivendo e, se possibile, far passare qualche emozione.
La prima sensazione è quella di trovarsi in un posto che funziona: Le indicazioni sono chiare, si riesce facilmente a stabilire dei propri riferimenti, il sito è ben tenuto e pulito, così come lo sono i bagni, nonostante le decine e decine di migliaia di persone che entrano in Expo tutti i giorni. Scusate sembrano dettagli ma in Italia non sono cose scontate e per una volta avere la sensazione di essere in un paese tipo Germania, ma sapere che invece sei a Milano, non è cosa da poco e a mi ha fatto un gran piacere. la seconda cosa ma più importante, è il clima di festa, di condivisione che il cibo crea insieme alla presenza di persone che provengono da tutto il mondo che hanno culture, abitudini, colori e comportamenti diversissimi.
Il sito è imponente, la prima volta davvero ti senti un po’ spaesato e hai l’idea che non riuscirai mai a vedere tutto quello che vorresti… ma forse questo è parte del gioco. Partecipano 145 Nazioni e 60 di queste hanno realizzato i propri padiglioni. Fino ad ora ne ho visitato meno di 1/3. Ma non mollo, c’è ancora tempo per vivere ancora un po’ di Expo! Il tema Nutrire il Pianetaè stato declinato in tanti modi diversi dai paesi partecipanti, in alcuni casi in modo originale e appropriato in altri meno. Alcuni padiglioni sono più scientifici e “museali” altri più inclini alla spettacolarizzazione e alla multimedialità entrambi gli approcci hanno effetti differenti che alle volte sono ottimi anche in termini di comprensione del tema da parte del pubblico. Di certo il cibo a Expo non manca e ce n’è per tutti i gusti e tutte le tasche.
Come progettista posso dire che siamo di fronte ad una ricchezza di materiali, colori, luci e soluzioni spaziali davvero notevole, unito ad uno sforzo tecnologico altrettanto importante. Da questo punto di vista Expo non potrà che essere di stimolo al settore del progetto, sia in termini di ispirazioni, sia per le soluzioni adottate o studiate appositamente per questo evento.
Quando ci andrete, provate a toccare la pelle del Padiglione Italia che ti lascia una sensazione di morbidezza davvero rara per essere il rivestimento esterno di un edificio, oppure visitate il padiglione della Coreagiocato sul contrasto di colore bianco e nero, con le parole che si staccano dai muri per venirti incontro e poi cadere a terra…mentre non perdetevi un passeggiata sulla rete delBrasileper prendere un po di confidenza con l’esposizione e perché no con il proprio senso dell’equilibrio!
Alla sera vale la pena una visita all’alveare ingleseche si raggiunge attraversando un prato, ma con lo sguardo a filo d’erba. Le luci che si accendono in continuazione riproducono il movimento delle api di un alveare vero in Inghilterra dentro il quale è stato posizionato un sensore che trasmette i movimenti al padiglione inglese…davvero poetico.
Un aspetto che mi ha colpito in Expo, riguarda alcuni padiglioni dei paesi aridi, Nazioni dove la lotta per recuperare l’acqua è un problema da sempre e da sempre si cercano soluzioni per garantire l’approvvigionamento di questo elemento fondamentale per la vita e il suo utilizzo parsimonioso, ne cito solo alcuni: Oman, Kuwait, Iran e Israele con i suoi campi verticali.
qui ho raccontato le sensazioni che più mi hanno colpito, ci tornerò su sicuramente per raccontare ancora, anche di quanto in questo evento conti la comunicazione Social, ma per rispondere alla doppia domanda del titolo, forse si può anche non andare ma l’esperienza è imperdibile.
Non sono ancora stato a Expo, lo farò presto prometto!…e non so se Expo è il principale fattore, ma Milano sta cambiando, mai come in questi ultimi mesi abbiamo assistito ad un fiorire di iniziative che sono destinate a fare scuola, ad animare il dibattito culturale in Città.
Raccontarli tutti è impossibile, ma forse raccontare qualcosa si può, forse si deve. L’apertura di uno spazio come la Fondazione Prada realizzata su progetto di Rem Koolhaas in una distilleria dei primi del ‘900 abbandonata da molti anni alla periferia sud est di Milano, può essere uno dei simboli di questa rinata effervescenza di Milano.
Una metafora di quello che sta succedendo. Uno spazio abbandonato e degradato in una zona periferica della città dove sono presenti molte aree industriali dismesse e a pochi passi dal Ricovero Notturno di viale Ortles per i senzatetto. Uno spazio recuperato alla cultura che senza dubbio diventerà un luogo di attrazione per tutta Milano, che in questo modo esce dai suoi confini culturali classici per proiettarsi anche fisicamente verso territori più vasti.
Quasi come in un gioco di rilancio la fondazione Bracco apre in un ex stabilimento di produzione dell’omonima azienda uno spazio per l’arte e la creatività che “…si propone come un cantiere creativo, all’interno della quale le arti possano trovare la loro dimensione in armonia, contaminandosi a vicenda, creando interazioni positive tra pittura, scultura, fotografia, video arte, street art, musica, teatro, cinema e ballo”, come ci spiegano dal sito ufficiale della fondazione.
Un’iniziativa pensata come temporanea per terminare con Expo, ma che probabilmente Milano riuscirà a far diventare permanente. Anche in questo caso uno spazio chiuso, non accessibile che è diventato un laboratorio aperto sulla e per la Città…
Mentre aprivano questi spazi, altri più tradizionali come la Galleria d’arte Moderna ospitavano nella bellissima ala al secondo piano del palazzo, ristrutturata su progetto di Ignazio Gardella molti anni fa, una mostra dedicata ad una una azienda leader del settore arredo , che ha contribuito a costruire la fama dell’Interior Design Italiano nel mondo. Qui gli ambienti, le opere pittoriche e i pezzi di arredo esposti dialogavano magicamente rimbalzandoci suggestioni e emozioni.
Nel frattempo non sono mancate iniziative su innovazione, tecnologia e comunicazione digitale come Futureway of living, Social Media Milano day, Mashable Social Media Day e Istameet5 incontro internazionale degli appassionati di Instagram organizzato da Igersitalia. Eventi, realtà sulle quali tornerò con più attenzione nel prossimo post, perché sono convinto che il digital offra opportunità per raccontare il sistema delle estetiche italiane al mondo, molto potenti.
Insomma Milano cambia, quasi non si riesce a seguire tutto quel che accade in città, alle volte mi capita di pensare: “Cosa mi sto perdendo questo fine settimana?!?”…manco fossimo in vacanza in una delle grandi città Europee…o forse sì?
Futureways of living, una due giorni di incontri organizzati da Meet the Media Guru per capire come sta cambiando la nostra vita e in quale futuro vivremo, si è conclusa da qualche giorno.
MtMG si definisce come “una piattaforma di idee ed eventi che pongono al centro il tema dell’innovazione e del digitale come fondamentale crocevia per la cultura, l’economia e le professionalità del nostro tempo”.
Nell’edizione speciale per i dieci anni di attività, Meet the Media Guru ha dedicato il tema dell’evento agli stili di vita per i prossimi dieci anni.
Esperti, sociologi, scienziati e designers da tutto il mondo hanno raccontato come sarà (è) il nostro futuro. Come interior designer che da qualche tempo si è affacciato in modo professionale anche al mondo digital non potevo mancare questo appuntamento: Essere curiosi, farsi delle domande, capire cosa sta accadendo e come cambieranno i nostri stili di vita è cruciale.
Il cuore del discorso è come la tecnologia ci stia cambiando e come cambierà la percezione e l’interazione tra le persone e con l’ambiente che ci circonda. Vivremo in un contesto dove la tecnologia sarà sempre più pervasiva e integrata con noi, con il nostro corpo e con il nostro mondo, ma sempre più invisibile e facile da utilizzare, una tecnologia che sarà (è) senza “manuale per l’uso”. Anche per queste ragioni una importante azienda di lighting design italianaè tra gli Sponsor della manifestazione.
Città, mobilità, servizi, spazi interni, vestiti e accessori interagiranno con noi, alcuni anche a livello emotivo, tutto questo ha un fortissimo impatto sul il modo di progettare spazi di vita e di lavoro delle persone.
Il lavoro del designer si sposta perciò anche su un piano immateriale per progettare modalità di relazione e di fruizione di un servizio o di uno spazio.
Tutto questo ha anche delle implicazioni sociali e pone delle domande etiche che dovranno essere affrontante: Questa evoluzione genera diseguaglianze? Se la tecnologia arriverà a capire e interpretare le emozioni umane, la privacy degli individui, già oggi a rischio, come potrà essere tutelata?
Il confronto è iniziato a Milano nell’anno di Expo e le #Futureways of living sono da immaginare, progettare e costruire, Meet the Media Guru da appuntamento a venerdì 26 giugno sempre alla Mediateca Santa Teresa in via della Moscova, dove si terrà la serata Toronto meets Milano con l’anteprima del documentario realizzato durante la Special Edition dedicata alle #Futureways. Sarà l’occasione per elaborare le visioni del futuro per le due città, gemellate dal 2003.
Per chi volesse saperne di più sulle due giornate dell’evento trova tutto quiequi.
E’ iniziato EXPO e a Milano il design incontra il cibo in una ideale prosecuzione del salone del mobile.
Per iniziativa di Interni, importante rivista del settore dell’Interior Design durante i mesi di maggio e giugno ci saranno eventi legati al cibo, nei più importanti flagship store del design made in Italy.
L’altra sera sono andato ad uno di questi incontri dove due giovani chefs Christian&Manuel di Vercelli, specializzati nella preparazione di risotti, ne hanno 25 nel menù del loro ristorante, hanno raccontato la loro passione per il territorio e per la cucina.
Ascoltare, la loro storia che lega tradizione di famiglia a innovazione con rispetto, conoscenza e consapevolezza per le materie prime, è stato affascinante e come sempre racconta molto delle estetiche e del “Senso” di questo Paese.
Una delle cose che più mi ha colpito di quello che hanno detto è stato questo (cito a memoria): “Noi siamo cuochi, gli artisti sono quelle persone che riescono a darci con il loro lavoro un riso così buono”.
Ecco questo atteggiamento, che non era affatto di maniera, è quello giusto: lavorare con passione e orgoglio ma consapevoli che senza l’apporto di altre competenze, storie e passioni non si arriva a risultati eccellenti. In fondo le migliori storie di impresa italiane, nel cibo come nel design o in altri settori hanno questa ricetta alla base del loro successo.
Naturalmente alla fine è arrivato il risotto aromatizzato con polvere di caffè, glassa di birra scura e crema di parmigiano, servito in un barattolo ispirato dai famosi Campbell’s di Andy Warhol… insomma, come ci insegna Bruno Munari il risotto è un progetto di design!